10 ottobre. Giornata Mondiale della salute mentale. Un pretesto in più per portare l’attenzione su un tabù ancora molto diffuso nel nostro Paese, forse troppo, che specie dopo lo stato pandemico, necessiterebbe un supporto decisamente maggiore.
La salute mentale, include il nostro benessere emotivo, psicologico e sociale. Colpisce il modo in cui sentiamo, il modo in cui pensiamo ed infine il modo in cui agiamo. Aiuta di conseguenza a determinare la gestione dello stress, le nostre relazioni interpersonali e le scelte che quotidianamente effettuiamo.
A tal proposito, capiamo bene che si tratta di un qualcosa di estremamente importante in ogni fase della nostra vita, a partire dall’infanzia e dall’adolescenza, fino ad arrivare all’età adulta.
Qualora dunque nel corso della nostra esistenza si verificassero problemi di salute mentale (trattasi di un fenomeno estremamente diffuso dipeso da fattori di vario tipo, talvolta involontari), il nostro umore ed il nostro comportamento potrebbero di certo risentirne.
I due anni di pandemia, sono stati in tal senso estremamente difficili, e ci hanno distrutto psicologicamente.
Secondo quanto riporta infatti un’indagine resa nota da The Lancet, nel 2020 è stato registrato un notevole aumento delle percentuali di depressione e disturbi d’ansia, rispettivamente del 28% e del 26%, che ha colpito specialmente la popolazione giovane e femminile.
Di fronte a tali dati piuttosto eloquenti, ci si aspetterebbe una risposta immediata da parte dello Stato, ma non è questo il caso.
Nonostante le richieste per il bonus psicologo siano state tantissime, lo Stato ha deciso di non investire a livello strutturale per sanare questo vuoto.
Il sistema dei servizi della salute mentale in Italia presenta numerose falle a monte
È stato stimato che i costi (diretti ed indiretti) riservati a disturbi mentali, ammontino circa al 3% del PIL italiano, dunque uno dei budget più bassi a livello europeo. Una struttura sanitaria ed economica praticamente inesistente, che richiede una riforma urgente finalizzata a garantire uguale accesso alle cure.
È come se paradossalmente lo Stato così facendo, piuttosto che fare della salute mentale una priorità, incentivasse ad affidare quest’ultima all’autogestione, deteriorando ulteriormente la situazione.
Purtroppo, alle spalle di queste lacune, vi è un intero intero sistema sanitario nazionale in crisi.
Una realtà molto comune è infatti quella per cui si riesce ad ottenere solo privatamente le cure di cui si necessita (siano esse psicologiche o meno).
La discriminante tra chi può e chi no è, in tal senso, sempre più netta.
Affinché si inneschi un cambiamento dello status quo, pare allora indispensabile guardare la realtà in faccia, analizzare il presente e le cose che non funzionano, al fine di divenire cittadini più consapevoli e sensibilizzare la questione nei massimi termini.
Ogni tanto per fortuna, vi sono piccoli progetti nati con lo scopo di supportare i servizi pubblici in questo ambito, ma purtroppo manca una vera cornice in grado di riqualificare e ridimensionare i servizi.
La salute mentale è una cosa seria, e di certo non può esser ridotta a mero slogan nei casi più drammatici, ma bisognerebbe occuparsene sempre.