Alla luce del periodo che stiamo vivendo, se si pensa al numero immenso di fenomeni discriminatori alla quale si assiste quotidianamente anche in modo inconsapevole, il linguaggio costituisce un veicolo discriminatorio estremamente difficile da sradicare.
A tal proposito, le intenzioni alla base di ciò che viene definito il politically correct risultano del tutto ottimali e, di certo, l’attenzione relativa a queste tematiche di sensibilizzazione, diviene giorno dopo giorno crescente.
Allo stesso tempo tuttavia, la linea che scinde questo orientamento ideologico ed una denaturazione del concetto stesso, si è rivelata davvero sottile.
Senza dubbio, la ricerca del politicamente corretto, di per sé è una missione funzionale e rivoluzionaria, che è bene mettere in atto per il rispetto per l’altro.
Però accade non di rado, di imbattersi in episodi in cui si evince un’estrema forzatura del caso, della quale non vi è in realtà assolutamente bisogno e che, al contrario, va soltanto a rafforzare uno stereotipo già profondamente innescato nell’immaginario collettivo.
Pertanto, tutta questa corsa ai ripari per tentare di arginare il problema (ammesso e concepito che sia la mossa più giusta), potrebbe far cadere il politically correct in un’appropriazione culturale che, in realtà, non aiuta affatto.
È questo ad esempio il caso delle tante espressioni artistiche dovutesi e volutesi adeguare alla questione del politically correct, con il rischio di “tirannia ideologica” che in qualche modo, limita la libertà.
Il cinema, sentendo come strettamente necessaria questa omologazione al filone sopracitato, sta assistendo da tempo ad una rielaborazione in termini di personaggi ed aneddoti, che siano essi di serie tv o film che, tuttavia, sta esclusivamente conducendo ad un’uccisione del cinema stesso e di ogni espressione artistica, in quanto una storia, dovrebbe essere com’è stata pensata dall’autore. È questo il luogo in cui risiede la sua unicità e ciò che la rende interessante.
Potenzialmente, il numero di film, saghe e serie che ha intrapreso questa strada è davvero sbalorditivo.
A partire dalla Walt Disney che, a seguito delle accuse di razzismo, antisemitismo, suprematismo bianco, sessismo e non solo, si è sentita in qualche modo in dovere di porre riparo, a stereotipi ben evidenti ma che, d’altro canto, erano innegabilmente parte di un sistema altrettanto poco inclusivo.
Allo stesso modo, anche Netflix, quotidianamente fa del politicamente corretto, una manovra di marketing, una sorta di moda del momento, quando invece risalendo al significato autentico del termine, dovrebbe designare un movimento animato da ideali egualitari e progressisti.
Purtroppo, la parte marcia della nostra società, che per secoli ha martoriato le minoranze etniche e non solo, emerge ancora troppo spesso, per cui l’inclusione può funzionare, laddove prima, si risale al movente, e si comprende a fondo quali sono i valori alla base di questa tendenza, ed il contesto a cui viene applicata quest’ultima.
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