Come ogni giovane atleta, anche il nuotatore paralimpico insegue sogni e obbiettivi, dopo le vincite olimpioniche cerca di raggiungere un traguardo personale.
Simone Barlaam è un giovanissimo nuotatore paralimpico, che ha vinto l’Oro a Tokyo nel 2020 nel 50 stile, 13 volte campione del mondo, 8 volte campione europeo. Oggi ha 22 anni, e dopo i tanti obbiettivi raggiunti in ambito sportivo, la sfida non finisce qui.
Dopo la vincita delle plurime medaglie, anche lo studio lo sta aiutando a raggiungere un nobile obbiettivo. L’atleta frequenta il Politecnico di Milano, in cui sta studiando ingegneria, con uno scopo ben preciso.
Simone ha un altro sogno oltre lo sport, ed è quello di studiare per aiutare la tecnologia e l’ingegneria a migliorare, e creare protesi atletiche sempre più all’avanguardia. Questo è un problema che lo tocca da vicino, e che vuole contribuire a risolvere, grazie alla ricerca e allo studio. Vuole cercare soluzioni, per tutte quelle persone che, come lui, devono convivere con una disabilità per tutta la vita, dando la possibilità a tutti di avere una chance e inseguire i propri sogni, nonostante questo duro fardello da portare e accettare.
Lo stesso Barlaam, nacque con una disabilità che compromise lo sviluppo del suo femore destro, subendo il primo intervento a pochi giorni dalla nascita e un altro a soli 13 anni. Gli rimase solo lo sport acquatico come opzione, e la colse al volo per dare il meglio di sè. A riguardo l’atleta afferma “E’ un elemento che mi fa sentire veloce e agile, sulla terraferma sono maldestro e goffo“. Ma le sue grandi doti e possibilità non sono, e non erano, limitate a questo.
Il suo obbiettivo resta quello di disegnare delle protesi, sempre più innovative, capaci di regalare dinamicità, fluidità dei movimenti. I progressi della ricerca sono sempre più numerosi e veloci, come gli stessi atleti paralimpici che continuano il loro percorso nel mondo dello sport, raggiungendo comunque traguardi straordinari, molti dei quali sono passati, e passeranno, alla storia.
Simone, una volta presa la laurea vorrebbe un giorno disegnare protesi, carrozzine, qualsiasi strumento in grado di rendere più semplice la vita di altri atleti paralimpic, e in generale, di altri ragazzi e ragazze affetti da disabilità motorie. Afferma “Le vorrei pieghevoli, da mettere in tasca. Girano ancora modelli da reduce del Vietnam”.
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