Il fenomeno del binge eating, ossia un disturbo da alimentazione incontrollata, è caratterizzato da frequenti episodi di abbuffate in tempo relativamente breve. Dunque una sorta di overdose alimentare, in quanto non ci si sente mai sazi e si nutre sempre il bisogno di introdurre altro cibo nel proprio corpo.
Ad esso tuttavia, a differenza della bulimia, non seguono meccanismi compensatori finalizzati ad espellere il cibo integrato. Consiste dunque in una vera e propria alimentazione incontrollata: si tratta di una perdita di controllo (LOC) pervasiva ed inibitoria, in risposta a segnali di appetito e voglie. Più nello specifico, consiste in degli anomali impulsi elettrici, che impediscono ai pazienti che ne sono affetti, il senso di sazietà; tant’è che non ci si ferma nemmeno a stomaco pieno.
E nonostante sia un disturbo estremamente diffuso e grave, la maggior parte dei trattamenti -tra diete e psicoterapia- non riesce ad affrontarlo in maniera diretta. Ciò conduce inevitabilmente a limitare l’efficacia di misure più aggressive, come nel caso della chirurgia bariatrica.
Ma una soluzione inattesa al binge eating c’è
Secondo un articolo pubblicato su Nature Medicine, la stimolazione cerebrale (guidata da schemi di attività neurale associati al desiderio di cibo) potrebbe aiutare, conducendo ad una sorta di “sistema di controllo”, che migliorerebbe l’autodisciplina dell’assunzione di cibo, e potrebbe dunque costituire una cura al binge eating e all’obesità, proprio perché tenere a bada gli impulsi, costituisce di certo la chiave per fermarsi.
Si tratta di una serie di stimoli elettrici che agirebbero sul sistema di “ricompensa” all’interno del nostro cervello, attraverso l’utilizzo di una tecnica chiamata DBS o stimolazione cerebrale profonda, già utilizzata in medicina per il trattamento di gravi forme di epilessia che non rispondono ai farmaci ed altre patologie neurologiche, tramite l’utilizzo di un dispositivo di stimolazione impiantato sotto i capelli.
Come spiegano i ricercatori, quando si sta per cominciare ad ingoiare grandi quantità di cibo, vi è una sorta di alterazione elettrica nella nucleus accumbens, ovvero una specifica area del sistema nervoso.
Il DBS, più specificatamente, è stato impiantato sotto i capelli ed è stato tarato per fornire un controllo solo in caso di necessità. Quest’ultimo si attiva infatti solo in presenza dei segnali elettrici precedenti ad un’abbuffata, con il desiderio compulsivo di cibo, il cosiddetto craving. Attraverso tale stimolazione, i ricercatori hanno notato minore ricorso a mangiate nervose e miglior controllo del peso.
A tal proposito, è stata condotta una ricerca di piccole dimensioni dalla Stanford University e dall’università della Pennsylvania. Sono stati sottoposti a stimolazione cerebrale profonda due pazienti (entrambi di sesso femminile, 45 e 56 anni) a cui era stato diagnosticato il disturbo da alimentazione incontrollata e trattamento di obesità refrattaria grave (Classe III).
Proprio grazie a questi stimoli arrivati con DBS, sono stati riscontrati dei miglioramenti nei comportamenti in termini di alimentazione incontrollata, con un’evidente diminuzione del ricorso alle abbuffate.
Più nello specifico, gli scienziati hanno registrato schemi di attività elettrofisiologica, in un periodo di 6 mesi, nella regione ventrale e dorsale del nucleus accumbens nel cervello dei due pazienti che, durante i periodi di fervente desiderio di cibo, e di perdita di controllo nel mangiare, raccoglievano misurazioni dell’attività celebrale.
Grazie all’utilizzo di questi dati, gli autori hanno identificato una firma dell’attività celebrale a bassa frequenza specificamente associata, in entrambi i pazienti, al desiderio di cibo e alla perdita di controllo.
I primi risultati di questo esperimento, sono stati positivi.
I due volontari hanno riferito che, dopo soli sei mesi dall’applicazione, hanno ridotto di circa l’80% gli episodi di abbuffate incontrollate e perso peso (rispettivamente circa 5 e 8 kg), senza tuttavia segnalare gravi effetti collaterali avversi.
I risultati preliminari di questa ricerca sostenuta ricerca sostenuta dal National Institutes of Health (Nih), evidenzia ed apre la strada a potenziali studi più vasti verso la fattibilità clinica di questa nuova trovata.